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E’ ben nota la valutazione multidimensionale geriatric (VMD) proposta da decenni dalla Geriatria ma solo sporadiamente utilizzata per realizzare la decantata continuità assistenziale dei pazienti anziani con problemi e bisogni. E’ disponibile il RGA o rapidi geritric assessment che ha anche una interessante applicazione gratuita utilizzabile con smartphone o tablet (richiede pochi minuti).

La formazione geriatrica dovrebbe avvalersi anche dei contenuti 5Ms qui indicati HIA_TipSheet_Geriatric_5Ms_19  utilizzabili diffuamente e con opportune modifiche riportabile anche sul fascicolo sanitario elettronico.



Il Decreto legge 506 è in via di definizione al Senato. Ci sono state anche le audizioni delle due società scientifiche geriatriche più rilevanti in Italia (SIGG e SIGOT).

Si considera non solo l’ assistenza degli anziani non-autosufficienti, ma si cerca di migliorare le procedure di cure che devono essere continue e realizzate con la partecipazione di personale sanitario competente.  Ci sono fondi del PNRR.

 

Vedi: https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/56516.pdf

 



L’ Italia inveccchia sempre più; sono oltre 4 milioni gli ultraottantenni e 20000 i centenari. La disabilità e la non-autosufficienza sono sempre di più un problema grave, sostenibile con difficiltà.

Mancano anche le competenze geriatriche, soprattutto a livello territoriale-domiciliare.

 

Si veda il contenuto del patto  per la non autosufficienza che ha anche l’ approvazione dell’attuale Governo. Ci sono risorse del PNRR.     https://www.pattononautosufficienza.it/



L’ invecchiamento della popolazione italiana dovrebbe preoccupare dal punto di vista sanitario e sociale. Apparentemente non è così: si pensa a curare e a custodire gli anziani non-autosufficienti e a potenziare i pronti soccorso ospedalieri. Basterà?

L’ ISTAT ha fornito diversi contributi su questi aspetti di bio-demografia.

 

ISTAT: anziani in Italia tra i più longevi in Europa, ma con maggiori problemi di salute

Gli Italiani a 65 anni se la cavano meglio dei coetanei europei, ma dai 75 in poi la situazione si ribalta. A dirlo è l’ultima indagine ISTAT sulle condizioni di salute degli anziani in Italia e in Europa.
Secondo l’ultima indagine ISTAT “Anziani: le condizioni di salute in Italia e nell’Unione Europea”, gli italiani a 65 anni hanno una speranza di vita più elevata di un anno rispetto alla media UE e godono, in generale, di una salute migliore, ma dopo i 75 anni vivono in condizioni decisamente peggiori rispetto ai coetanei.

La “fotografia” tra i 65 e i 74 anni

In questa fascia di età, gli italiani godono di una salute generalmente migliore rispetto al resto d’Europa, in particolare per quanto riguarda le patologie croniche e in quasi tutte le patologie. Senza contare che a 65 anni hanno un’aspettativa di vita più alta di un anno rispetto alla media europea (18,9 anni per gli uomini e 22,2 per le donne nel 2015).

Cosa accade dai 75 anni in poi

In Italia gli over 75 vivono in condizioni di salute decisamente peggiori, sono più sofferenti a causa di qualche malattia cronica e con dolori fisici che ne limitano la qualità della vita.
In particolare:

  • Un anziano su due soffre di una malattia cronica o è multicronico. Tra gli ultraottantenni la percentuale sale fino al 59% e 64%.
  • Più di un terzo degli anziani, esattamente il 37,7%, riferisce di aver provato dolore fisico, da moderato a molto forte, nelle quattro settimane precedenti l’intervista.
  • Le donne soffrono più degli uomini. Riferiscono di aver provato dolore fisico da moderato a molto forte il 45,4% delle donne contro il 27,6% degli uomini. Tra le ultraottantenni la percentuale arriva al 58,6% a fronte del 39,2% degli uomini.
  • Le donne risultano avere meno malattie croniche gravi ma più multicronicità e limitazioni motorie o sensoriali.
  • Il 23,1% degli anziani ha gravi limitazioni motorie.
  • In Italia la grave riduzione di autonomia personale riguarda oltre un anziano su dieci. Il fenomeno è in linea con la media dei paesi Ue per i 65-74enni, superiore tra gli over75, in particolare per le donne.

In conclusione, secondo l’ISTAT, in termini di qualità degli anni che restano da vivere, ovvero in buona salute e senza limitazioni, l’Italia è ai livelli più bassi, sia rispetto alla media dei paesi europei, sia rispetto agli altri grandi paesi europei, soprattutto per le donne.
Fonti:
https://www.istat.it/it/archivio/203820
https://www.istat.it/it/files/2017/09/Condizioni_Salute_anziani_anno_2015.pdf?title=Condizioni+di+salute+degli+anziani+-+26%2Fset%2F2017+-+Condizioni_Salute_anziani_anno_2015.pdf



Le cure e l’assistenza dell’ anziano con declino cognitivo a domicilio: quali soluzioni ?

Le cure e l’ assistenza degli anziani con demenza  a domicilio non trovano ancora soluzioni accettabili e collaudate in molti sistemi sanitari; in Italia è largamente affrontato con  le badanti, nonostante il Piano nazionale demenze – si veda per dettagli : https://www.salute.gov.it/portale/demenze/dettaglioContenutiDemenze.jsp?lingua=italiano&id=4231&area=demenze&menu=vuoto..

In Italia sono tre milioni le persone coinvolte nella cura di persone malate di Alzheimer, di cui il 70% sono donne. Prendersi cura in casa di una persona affetta da demenza è però complesso e il più delle volte i parenti e le badanti non sono preparati e competenti ad affrontare una malattia così difficile da gestire. In alcune zone d’Italia esistono i centri diurni, servizi molto utili alla gestione famigliare del paziente con demenza-https://www.sigg.it/assets/congressi/60-congresso-nazionale-sigg/slide/84_Biagini.pdf – https://www.sigg.it/assets/congressi/64-congresso-nazionale-sigg/slide/177_Fabbo.pdf .

In Francia sono attive da  anni Les équipes specialisées Alzheimer (ESA) con le caratteristiche qui riportate:  https://www.pour-les-personnes-agees.gouv.fr/preserver-son-autonomie-s-informer-et-anticiper/a-qui-s-adresser/les-equipes-specialisees-alzheimer-esa. Le equipe specializzate Alzheimer  non esistono in Italia; sicuramente potrebbero essere utili soprattutto se associate alle prestazioni di un caregiver interessato ed attento (familiare o badante) e a un medico di famiglia  che conosce, controlla e valuta nel tempo l’ emergenza di nuovi bisogni; oppure utilizzando in modo appropriato e adattato la telemedicina. Le  competenze  delle ESA sono complesse, richiedendo professionalità  varie anche per quanto riguarda il piano terapeutico.  L’ ESA francese è ben organizzata: se può beneficiare di 12 -15 distribuite su un periodo di 3 mesi durante l’anno; dopo un anno è possibile rinnovare la prescrizione.  Le équipe specializzate per l’Alzheimer sono annesse ai SSIAD (servizi di assistenza domiciliare). Si tratta di attività curativo-assistenziali che si svolgono  al domicilio del paziente.

In Italia è consolidata la terminologia “assistenza domiciliare integrata-ADI”, ma con questa procedura sono assistiti pochi pazienti anziani con demenza. Si veda: https://www.pattononautosufficienza.it/wp-content/uploads/2021/09/Allegato-tecnico-1.pdf ; è evidente che la competenza specifica dellefigure professionali coinvolte, è molto rilevante- https://demenze.regione.veneto.it/io-sono/infermiere.  Il PNRR-sanità, ancora da  attuare, ha l’obiettivo, entro il 2026, di assistere a casa il 10% della popolazione italiana over 65, ovvero almeno 800 mila persone in più. Oggi la media italiana è al 5%: il PNRR prevede un’ampia utilizzazione della telemedicina nelle cure territoriali.

Non sono noti i risultati ottenuti dalle ESA come costo/benefici e la qualità della vita dei pazienti; l’assistenza diretta a domicilio  è comunque  periodica  Anche gli effetti dei programmi di assistenza e cura sui caregiver e sulle badanti non sono oggetto di attenzioni adeguate; eventi di abuso del paziente demente (questo è un buon punto, di solito ignorato) sono raramente segnalati.

La telemedicina potrebbe teoricamente essere utile per affrontare i tanti problemi dell’ anziano con disturbi cognitivi e anche comportamentali a domicilio, con l’obiettivo di  non istituzionalizzarlo: conferisce  continuità agli interventi medico-infermieristici  che essendo saltuari, richiedono conferme cliniche tempestive nel tempo.

Il problema è come rendere le ESA (o altre attività simili) più efficaci utilizzando  al meglio le competenze mediche della equipe. Grande attenzione deve essere  riservata  alla comparsa di disturbi del comportamento (scala NPI-vedi allegato), all’ aumentare della gravità della malattia e al carico assistenziale di tipo infermieristico.  Sono raccomandate alcune scale come la CDR – https://www.demenzemedicinagenerale.net/images/test/CDR_Versione_Italiana_Traduzione_corretta_sulloriginale.pdf , la GDS – http://www.metodologieoperative.it/wp-content/uploads/2012/12/scala-di-Reisberg-GDS.pdf – e la FAST (indica la gravità clinica della demenza); si veda : https://www.luoghicura.it/wp-content/uploads/2008/12/2008_4_Galleazzi_et_al..pdf  e anche  https://www.compassus.com/sparkle-assets/documents/functional_assessment_staging_tool_fast_scale.pdf  ; rilevare precocemente i cambiamenti di stato  anche in forma di nuovi  problemi/bisogni del pazienti (nursing) serve anche a stabilire il setting più ideoneo per il paziente; la scala FAST può essere di aiuto anche nelle scelte terapeutiche anche farmacologiche (cure palliative?).

L’ ospedalizzazione è ritenuta largamente non appropriata per l’ anziano demente, anche se la comorbilità  ha un ruolo importante nella prognosi: la causa di morte più frequente nei pazienti con demenza grave è l’infezione delle vie respiratorie.

 



Per ridurre i ricoveri ospedalieri  ripetuti della popolazione anziana ( spesso ricoveri evitabili) si deve intervenire nei diversi setting curativo-assistenziali e soprattutto in quello ospedaliero; l’ ospedale può essere un setting poco appropriato per l’ anziano spesso disabile.

Si raccomanda l’ utilizzazione della  valutazione multidimensionale geriatrica (VMD)  che consente di individuare i bisogni dei pazienti anziani; questo comporta poi un care planning adeguato e  il supporto coordinato e integrato a domicilio che presuppongono servizi geriatrici molto carenti.

Quindi è richiesta collaborazione con le cure primarie e l’ esistenza di servizi geriatrici adeguati sul territorio. La telemedicina
potrebbe essere di aiuto. E’ raccomandabile che in futuro sia disponibile sul territorio anche in Italia una figura di medico geriatra esperto dei tanti problemi degli anziani; la rilevazione  dei bisogni degli anziani dovrebbe essere fatta in tutti i setting curativo-assistenziali e anche al pronto soccorso ospedaliero (Age Ageing 2017; 46: 360).

Anche l’ infermiere geriatra sarà di grande utilità.

 

Si veda: https://www.luoghicura.it/servizi/2019/03/oltre-la-cura-e-lassistenza-levoluzione-dei-bisogni-delle-famiglie-e-degli-anziani-rispetto-allinformazione-e-al-counselling/

 



La situazione sociale degli anziano in Italia è stata valutata dall’ ISTAT nel 2020 https://www.istat.it/it/files/2020/04/statisticatoday_ANZIANI.pdf; una nuova emergenza sociale si è diffusa silenziosamente nel nostro paese, rappresentata dalle persone anziane (over 74) che vivono sole: sono ben 2.5 milioni rappresentano il 4% circa della popolazione complessiva, ma il 40% delle persone oltre 74 anni di età.

La solitudine può essere oggettiva o soggettiva; nell’ anziano (ma non solo)  è una condizione complessa che merita attenzione anche da parte del medico e soprattutto del Geriatra. Per la sua elevata prevalenza si può affermare che è scarsamente considerata dai servizi sociali e anche dalla sanità., anche se  ampie prove dimostrano che la solitudine è un problema di salute pubblica che influenza salute sociale, mentale e fisica. Il Medico e l’ infermiere dovrebbero sempre chiedersi, soprattutto nel caso di un anziano autosufficiente: l’ anziano sta bene da solo?; la solitudine  è  condizione voluta e preferita? Oppure è una condizione che coesiste a  un cluster di sintomi come dolore, fatica, depressione, insonnia che molto spesso coesistono con la solitudine; il medico dovrà fare attenzione ai deficit degli organi di senso in particolare visus e udito; dovrà fare attenzione anche a non incorrere nella pratica frequente di trattare i singoli sintomi prima ricordati e dimenticare l’importanza dell’ intervento sociale come approccio necessario per risolvere i problemi della solitudine. Non si deve dimenticare che  la solitudine è spesso predittiva di outcome  negativi o avversi.

Si tratta di individuate e di pesare la solitudine; si utilizza questa semplice  Scala a 3 item : 1. Quante volte ti senti solo?; 2. Quante volte ti senti emarginato, lasciato in disparte?; 3. Quanto spesso ti

 

 

 

senti isolato dagli altri?  Le risposte saranno pesate sulle risposte : frequentemente, spesso, a volte, mai.  Si può così con un numero la situazione di solitudine (Loneliness scale, 3 items, UCL). Il punteggio può servire ad adeguare i servizi da attivare per lenire gli effetti negativi della solitudine.

Naturalmente trattandosi in genere di anziani autosufficienti fisicamente, si dovrà discutere con il paziente la situazione  e la necessità di individuare una soluzione sociale condivisa  come una nuova collocazione abitativa o una soluzione di aiuto personalizzato ai bisogni del paziente, la cui situazione economica dovrà essere considerata (ricordiamo la figura dell’ amministratore di sostegno).

Pertanto nel piano di cure individuali dell’ anziano, il Medico non può ignorare una probabile situazione di solitudine.  Ricordiamo che per invecchiare con successo è molto importante l’integrazione sociale che preserva le funzioni cognitive e permette  una migliore qualità di vita.

Spesso, col progredire dell’età, sia per gli eventi della vita (ad esempio la morte di un genitore o di un coniuge), sia per le modificazioni psicosociali, gli anziani si trovano a fronteggiare la progressiva diminuzione dei rapporti sociali. L’ isolamento fisico (aloneless) e i sentimenti di solitudine sono  due aspetti che non sono necessariamente coincidenti.

 



La senescenza cellulare (SC) è da considerare e da trattare ?

Capire i meccanismi dell’invecchiamento da sempre ha interessato
scienziati e industria. Nel 2013 un gruppo di ricercatori pubblicò su Cell
una review (The Hallmarks of Aging) in cui delineò i nove principali
processi implicati nei processi che caratterizzano l’ aging.  Questi sono ricordati nella grande figura che segue

 

 

The Hallmarks of Aging: Cell

 

Da allora c’è stata un’impennata di conoscenze e ricerche nel settore (le
prima molecole potenzialmente in grado di rallentare i processi dell’ aging
hanno raggiunto la fase clinica), così come di investimenti. Tanto che il
National Institutes of Health (NIH) hanno creato un dipartimento dedicato
alla ricerca sull’invecchiamento, con l’assunto che sia il fattore comune alla
base di malattie croniche come l’Alzheimer, il cancro e il diabete le malattie
cardiovascolari (per cui “curando” l’invecchiamento, si potrebbe arrivare a
una terapia universale per tutte queste malattie). Mentre gli investimenti in
startup della longevità, sono cresciute negli ultimi anni più di quanto non
abbiano mai fatto in passato: questo secondo un recente rapporto di CB
Insights (The future of aging? the startups and innovations working to help
us live longer and better): si legge che “l’invecchiamento sta cominciando
ad assomigliare sempre più ad una malattia, e per questo è curabile.” e “che
nelle persone anziane sarebbe possibile ripristinare la funzionalità fisica e
vivere più a lungo eliminando dal corpo le cellule senescenti” con l’ ablazione
delle cellule senescenti; la loro eliminazione potrebbe promuovere un vero
ringiovanimento; è noto che le cellule senescenti accumulandosi inducono
infiammazione e interferiscono negativamente sugli enzimi che degradano le
proteine con varie attività.

Il metabolismo e sue alterazioni influenzano assai la senescenza cellulare con diversi meccanismi.
Le ricerche hanno concluso che il trapianto anche di un numero relativamentepiccolo di cellule senescenti in topi giovani è causa disfunzioni fisiche persistenti oltre a diffondere la senescenza cellulare ai tessuti ospiti. Successivamente si sono testati su ratti anziani dei preparati senolitici a base
di dasatinib (farmaco usato per la cura della leucemia mieloide cronica) e della
quercetina, flavonoide estratto da piante come ad esempio l’ippocastano. Il
“cocktail” ha provocato l’eliminazione di parte delle cellule senescenti. Questo
risultato ha naturalmente portato a pensare che questa possa essere la strada
giusta da percorrere e, soprattutto, che l’invecchiamento possa e debba essere
trattato come una vera e propria malattia dal momento che le cellule senescenti
accumulandosi concorrono alla patogenesi delle malattie croniche associate
all’ invecchiamento. .
Anche il sistema di codifica ICD-11-CM contemplava un codice per l’aging, ma
poi è stato tolto dagli elenchi.



il termine negligible senescence è stato coniato dal biogerontologo Caleb Finch per indicare  organismi viventi che mostrano poco evidenti segni di senescenza (deterioramento biologico legato all’invecchiamento), come la riduzione misurabile delle capacità riproduttive o funzionali, oppure l’aumento del tasso di mortalità correlato all’età.

Ci sono molte specie nelle quali non è stato osservato un tasso di mortalità crescente dopo la maturità. Questo potrebbe però anche solo significare che la durata della vita dell’organismo studiato è talmente lunga che non è stato possibile studiarlo per un tempo sufficiente a misurare un cambio apprezzabile della mortalità; ad esempio si credeva che le tartarughe invecchiassero , ma studi maggiormente protratti hanno potuto rilevare prove di una diminuzione della forma fisica con l’età. Si veda: Finch, Caleb Ellicott.,Longevity, senescence, and the genome, Pbk. ed, University of Chicago Press, 1994, pp. 206-247

Si deve  ricordare la senescenza cellulare : In risposta allo stress o al danno cellulare, le cellule proliferanti possono manifestare  un programma specifico con arresto del ciclo cellulare a lungo termine, chiamato senescenza cellulare. L’accumulo di cellule senescenti avviene con l’invecchiamento dell’organismo e anche attraverso la continua coltura in vitro. Le cellule senescenti influenzano molti processi biologici, tra cui lo sviluppo embrionale, la riparazione e rigenerazione dei tessuti, la soppressione del tumore e l’invecchiamento. I segni distintivi delle cellule senescenti includono  una maggiore attività della β-galattosidasi associata alla senescenza (SA-β-gal); livelli p16INK4A, p53 e p21; livelli più elevati di danno al DNA, incluso γ-H2AX; la formazione di focolai di eterocromatina associati alla senescenza (SAHF); e l’acquisizione di un fenotipo secretorio associato alla senescenza (SASP); quest’ultimo è caratterizzato dalla secrezione di numerose citochine pro-infiammatorie e molecole di segnalazione.

Studi su animali con senescenza trascurabile potrebbero far emergere informazioni utili a comprendere meglio i processi propri dell’invecchiamento biologico. La stessa esistenza di tali organismi è un classico argomento a favore delle ricerche che vorrebbero rallentare la senescenza umana grazie a mezzi artificiali. Studi recenti hanno indicato una connessione tra i fenomeni legati a una senescenza trascurabile con una generale stabilità del genoma dell’organismo, specialmente nei processi di trascrizione, durante la durata della sua vita.

In natura ci sono interessanti particolarità: alcuni animali sembrano essere immuni dal cancro. Tra questi figurano gli elefanti, i quali a dispetto della loro longevità e delle imponenti dimensioni, raramente contraggono il cancro . Indagando la causa di tale immunità, i ricercatori hanno scoperto il segreto di questo “superpotere”: la presenza nel loro organismo di ben 20 coppie del gene p53, noto per essere in grado di sopprimere le cellule cancerose e arrestare sul nascere le mutazioni genetiche che danno origine alla patologia. Di questo gene, gli esseri umani hanno solo una coppia. Questo dato, anche preso singolarmente, potrebbe fare luce sul perché solo il 5% degli elefanti contrae il cancro nel corso della propria vita, rispetto al 17% degli esseri umani. Un recente studio, tuttavia, ha individuato un secondo fattore che protegge i pachidermi dai tumori: un autentico gene anti-cancro. L’unità ereditaria portatrice di tale capacità si atteggerebbe a zombie, tornando in vita dopo la propria “morte” per difendere l’organismo dall’assedio del tumore.   Quindi il DNA degli elefanti africani possiede 20 coppie (quindi 40 alleli) di uno dei più potenti geni soppressori tumorali, noto come p53 (o TP53). Quello degli elefanti asiatici ne ha da 30 a 40 coppie; quello degli esseri umani, una sola coppia (due alleli). Quando una cellula subisce un danno genetico che la rende potenzialmente cancerogena, il p53 inibisce la sua divisione finché il guaio non è sanato, o ne incoraggia il suicidio per evitare che il danno si espanda.

Strategie per realizzare (ingegnerizzare) la senescenza trascurabile con strategie varie è l’ obiettivo di SENS – https://www.sens.org – che punta alla realizzazione della  medicina rigenerativa cioè alla riparazione dei tessuti anche quelli invecchiati.  Queste terapie hanno l’ obiettivo di mantenere anche una condizione  di senescenza trascurabile  e di dilazionare la comparsa delle malattie associate all’ età che sono influenzate dai processi di invecchiamento. Molta letteratura ritiene che SENS non abbia a disposizione tecnologie adeguate a realizzare gli ambiziosi obiettivi citati e che proponga più fantasia che scienza.

Una figura classica di SENS  indica  le strategie disponibili nell’ arco della vita per affrontare e contrastare i “danni” responsabili dell’ aging; per ora i Geriatri sono attivi solo in presenza di patologie manifeste; il comportamento e la tempestività dovrebbero cambiare disponendo di opportune conoscenze e tecnologie.

La durata della vita delle varie specie animali varia grandemente e anche per questo esse sono oggetto di ricerche sempre più approfondite  https://www.embopress.org/doi/full/10.15252/embr.201540606 per individuare quali  meccanismi consentono ad alcune specie di realizzare la negligible senescence e anche per cercare eventuali terapie da utilizzare nell’uomo con intenti anti-aging.

Le caratteristiche biologiche delle cellule sono certamente alla base di queste peculiari  citate proprietà che per ora non sono  utilizzate nella clinica: anche la senescenza cellulare è alquanto trascurata come parametro di laboratorio

Altri aspetti sono particolarmente interessanti: la capacità di memoria nel genere umano diminuisce con l’età: circa il 40% delle persone di età pari o superiore a 65 anni ha una compromissione della memoria associata all’età e circa l’1% di questi casi evolve in demenza ogni anno. “SuperAgersTrusted Source” è un termine che fa riferimento  a individui di età pari o superiore a 80 anni che ottengono punteggi prestazionali simili a individui di età compresa tra 20 e 30 anni più giovani nei test di memoria.

I ricercatori hanno valutato autopticamente 24 cervelli, di cui sei di persone  “SuperAgers”: questi ultimi avevano neuroni più grandi delle persone di quasi 60 anni più giovani. Hanno concluso che sono necessarie ulteriori ricerche per capire le ragioni delle dimensioni di questi neuroni più grandi che  probabilmente sono collegati alla grande capacità di memoria caratteristica dei SuperAger. Ulteriori studi su come i SuperAger mantengono nel tempo  la loro capacità di memoria potrebbero aiutare a sviluppare strategie e trattamenti preventivi per il declino cognitivo.  La ricerca pubblicata su Journal of Neuroscience rileva che  i neuroni di SuperAgers sono più grandi di quelli di età compresa tra 20 e 30 anni più giovani e che erano privi di  grovigli di tau, un segno distintivo del morbo di Alzheimer.

Per ragioni che rimangono sconosciute, le popolazioni cellulari nella corteccia entorinale (ERC) sono selettivamente vulnerabili alla formazione di ‘grovigli tau’ durante il normale invecchiamento e nelle prime fasi del morbo di Alzheimer .

In questo studio, l’atrofia neuronale nell’ERC sembra indicatore caratteristico del morbo di Alzheimer con processi che portano alla compromissione della memoria in età avanzata.

Questo fattore è fondamentale anche per l’identificazione precoce dell’Alzheimer, il monitoraggio del suo decorso e anche per  la guida del trattamento.

 

 

 

 

 



“Sarà capitato a tutti di incontrare una persona che dimostra un’età diversa da quella riportata sulla sua carta d’identità. Pensiamo a un 40enne che sembra un 60enne, o a un 60enne che sembra un 40enne. Questa varietà è dovuta al fatto che ognuno di noi ha un’età cronologica e una biologica, e non sempre queste procedono di pari passo. Mentre la prima è determinata dalla data di nascita, la seconda dipende dall’intensità dei processi di invecchiamento, e può essere influenzata dalla genetica, dallo stile di vita e dal contesto ambientale. Da anni la ricerca sta testando l’intelligenza artificiale con l’obiettivo di creare un nuovo strumento capace di misurare l’età biologica di una persona sulla base di parametri di salute fisica. Tuttavia c’è una componente chiave della salute umana che non è stata considerata in questi tentativi: lo stato mentale ed emotivo. Nel 2021, uno studio decennale condotto su 2,3 milioni di neozelandesi ha trovato una forte associazione tra disturbi mentali e insorgenza di malattie fisiche e morte. Un altro studio dello stesso anno ha scoperto che una storia di problemi di salute mentale era associata all’invecchiamento accelerato nella mezza età. Inoltre, questo effetto dell’invecchiamento si è verificato molti anni prima che altre malattie legate all’età tendessero a manifestarsi.

Partendo da questi risultati, un team di ricercatori cinesi e americani, coordinati dalla Chinese University di Hong Kong, è riuscito finalmente a “costruire” un “orologio dell’invecchiamento” funzionante. Si tratta di un algoritmo informatico con apprendimento profondo che calcola l’età biologica di una persona in base ad alcuni indicatori della sua salute fisica, come il microbioma intestinale o i marcatori di infiammazione nel sangue, e del suo stato mentale. In questo modo i ricercatori sperano di prevedere un giorno quanto una persona sia “giovane” o “vecchia” dal punto di vista biologico. I risultati iniziali dello studio, pubblicati sulla rivista Aging, suggeriscono come essere infelici possa avere un impatto anche peggiore di quello delle malattie e di un cattivo stile di vita. “Se la previsione è accurata – hanno dichiarato i ricercatori -, l’orologio potrebbe aiutare gli esperti a capire perché alcuni individui invecchiano più velocemente di altri e quali fattori dello stile di vita contribuiscono a questo processo di invecchiamento”.

In base al ritmo con cui invecchiano, le persone possono essere suddivise in persone che invecchiano lentamente, normalmente e velocemente. Diversi studi hanno dimostrato come l’aumento dell’età biologica sia associato a una maggiore mortalità per tutte le cause, vulnerabilità alle infezioni e un numero di malattie non trasmissibili. Al contrario, un tasso di invecchiamento lento è associato a una salute migliore rispetto ai coetanei della stessa età. “Poiché gli orologi che invecchiano possono rilevare varie condizioni di salute come l’invecchiamento accelerato, l’orologio da noi testato – hanno affermato i ricercatori – potrebbe diventare uno strumento diagnostico e prognostico per tutti gli usi a beneficio di più settori avicini all’assistenza sanitaria, come assicurazioni e nutrizione”.

I ricercatori hanno sviluppato un orologio dell’invecchiamento con apprendimento profondo “addestrandolo” su dati di quasi 5.000 cinesi di età pari o superiore ai 45 anni – tratti dallo studio CHARLS (China Health and Retirement Longitudinal Study) – e poi lo hanno testato sui dati di altre 7.000 persone. Fin dalla sua nascita, CHARLS è stato utilizzato per studiare gli effetti della nutrizione, dei legami sociali e dello stato socio-economico sull’invecchiamento in buona salute. Queste informazioni sono state utilizzate per misurare l’impatto delle politiche sociali ed economiche sul potenziale di longevità del popolo cinese.

Per calcolare l’età biologica, l’algoritmo di intelligenza artificiale, su cui si basa l’orologio, analizza una combinazione di 16 biomarcatori del sangue, inclusi i livelli di colesterolo, nonché BMI, circonferenza della vita e pressione sanguigna, e sette parametri biometrici (tratti fisici e psicologici). Il benessere psicologico viene invece valutato in base a otto sentimenti: infastidito, solitario, infelice, sfocato, irrequieto, depresso, senza speranza o spaventato.

L’orologio dell’invecchiamento ha rilevato che variabili psicologiche, come sentirsi infelici o soli, sommate, possono accorciare la vita biologica fino a 1,65 anni, e che l’effetto di questi fattori supera quello di altre caratteristiche individuali, tra cui il sesso biologico, il contesto ambientale, lo stato civile, il fumo, ecc. Quando l’orologio è stato testato specificamente su individui malati (con cancro, malattie cardiache, malattie del fegato, malattie polmonari o ictus), ha predetto correttamente che questi erano più vecchi dal punto di vista biologico rispetto alle persone della coorte della stessa età sane. Tuttavia, secondo le previsioni dell’orologio, le condizioni patologiche possono accorciare la vita non più di 1,5 anni (una stima leggermente inferiore rispetto a quella prevista dall’algoritmo per tutte le variabili psicologiche messe insieme). “E’ evidente dunque – hanno affermato i ricercatori – che la componente psicologica non dovrebbe essere mai ignorata negli studi sull’invecchiamento per il suo impatto significativo sull’età biologica”.

L’infelicità invecchia più del fumo

L’algoritmo ha previsto anche che, mentre sentirsi infelici (o soli) contribuisce da solo ad accorciare la vita di 0,35 anni (al contrario non avere problemi di sonno la allunga di 0,44 anni), il fumo da solo invecchia di circa 1,25 anni. Ciò non significa che il fumo è meno rischioso per la salute rispetto alla depressione o alla solitudine, perché rimane uno dei principali fattori di rischio per molti tumori e malattie cardiache; ma che la somma di più variabili psicologiche negative (come ad esempio una persona non sposata (fattore che riduce l’aspettativa di vita di 0,59 anni), raramente felice (fattore che riduce l’aspettativa di vita di 0,59 anni), che si sente spesso senza speranza (fattore che riduce l’aspettativa di vita di 0,28 anni) ed ha problemi con il dormire (fattore che riduce l’aspettativa di vita di 0,44 anni) potrebbe avere un impatto maggiore sulla loro salute rispetto al fumo come fattore singolo. In conclusione, un basso livello di benessere psicologico impatta negativamente sull’età biologica al pari delle malattie gravi e cattivi stili di vita, ma l’accumulo di più stati emotivi negativi possono velocizzare maggiormente il processo di invecchiamento.

Diversi studi precedenti già avevano evidenziato che fattori psicologici, come lo stress, la solitudine, la salute mentale e percezioni negative di come si invecchia, possono avere influenze significative sul ritmo di invecchiamento. Non solo, altre ricerche hanno mostrato anche come fattori socio-psicologici quali eventi della vita negativi, stili di vita moderni e un basso status socio-economico, potrebbero accelerare gli orologi dell’invecchiamento. A tal proposito, i ricercatori sottolineano l’importanza di “agire su questi fattori psicosociali al fine di ottenere un beneficio in termini di longevità, poiché il rilassamento intenso e le capacità di coping emotivo (strategia adattiva emotiva) modulano le metriche dell’età biologica”.

Questo strumento, basato su algoritmi di intelligenza artificiale, ha il potenziale per diventare un punto fermo nella progettazione di farmaci innovativi. Grazie a questo, studi biogerontologici longitudinali (che studiano il processo di invecchiamento biologico) hanno già individuato modi per manipolare il ritmo dell’invecchiamento attraverso l’esercizio, la dieta o gli integratori alimentari. “L’orologio dell’invecchiamento – hanno concluso i ricercatori – sarà dunque uno strumento essenziale per sviluppare terapie per la longevità e farmaci anti-età (geroprotettori)”.


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